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VETRI DA COLLEZIONE

IL 2022 E’ L’ANNO INTERNAZIONALE DEL VETRO. LO HA STABILITO L’ASSEMBLEA GENERALE DELLE NAZIONI UNITE

 di TERESA CARRUBBA

A dispetto della sua apparente fragilità, il vetro testimonia ancora l’evoluzione dell’arte nel corso dei millenni. Per uso quotidiano o per ostentare il lusso, l’oggetto di vetro ha sempre avuto un posto nelle grandi civiltà: sulla tavola, sui mobili di pregio, tra i monili. E ancora oggi, a metà tra il piacere estetico e l’ investimento, quel materiale dalla trasparenza che seduce riempie le bacheche dei collezionisti. Soprattutto bottiglie di varia linea e dimensione, di vetro lattimo o trasparente, con motivi a rilievo o con decori policromi in smalto a freddo. L’interesse maggiore è indirizzato verso le bottiglie Liberty e quelle del Novecento, anche del secondo dopoguerra, create a volte in serie, ma con un design raffinato.

 

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La passione per il vetro Liberty, (non solo bottiglie, ma vasi, lampade, figurine, coppe e bicchieri) ha fatto salire i prezzi a livelli estremamente alti. Accanto alle bottiglie dei leggendari francesi Emile Gallé, René Lalique e i fratelli Daum, del tedesco Schneider, e dell’americano Tiffany, se ne trovano di meno costose e ugualmente degne di arricchire una collezione. Di gran pregio le bottiglie di Murano e di Boemia del Settecento, di solito a base poligonale, in vetro lattimo o trasparente, dipinte a smalto con motivi floreali o con figurine. Tra gli oggetti di vetro più particolari e più ricercati, un posto in primo piano va assegnato ai fermacarte, i famosi “paperweights”. Naturalmente, i fermacarte esposti nei mercatini antiquari hanno poco in comune con quelli battuti dalle grandi case d’asta, anche nel prezzo; restano comunque piccole creazioni della fantasia piene di fascino. In genere sono sfere di vetro pieno che includono fiori e farfalle multicolori. Il periodo d’oro di questo oggetto è quello compreso tra il 1845 e il 1880, quando furono al massimo dell’attività le manifatture francesi di Baccarat, Cliché e St. Luis. Pezzi di quel periodo sono piuttosto rari.

Un gran numero di vetri artistici collezionati in Italia provie­ne dalle vetrerie veneziane, i più, firmati Venini e Barovier-Toso. I vetri Venini sono interessanti soprattutto se prodotti entro il 1960 perché hanno un valore che parte dai mille euro e superano anche i 50 mila. Ma sono molto ambiti anche i pregiatissimi vetri di produzione francese, della scuola di Nancy, specialmente quelli realizzati dal maestro vetraio Emille Gallè. Chi li trovasse nei mercatini di strada diffidi: ormai sono rarità, un pezzo autentico costa da 1500 a oltre 50 mila euro. Si chiama Elefanti l’ elegante vaso Gallé a doppio rilievo di 38 cm. valutato 15 mila euro. I vasi d’Argental, invece, in vetro doppio a cammeo, se datati 1910 sono valutati 800 – 2000 euro. Ma occorrono cinque-seimila euro per aggiudicarsi i famosi cavalli in vetro a bollicine di Archimede Seguso, l’erede di una dinastia di maestri vetrai attivi a Murano fin dal Trecento, scomparso nel 1999.

LE MURRINE

Una delle più antiche espres­sioni dell’arte dei maestri di Murano sono le cosiddette miniature di vetro, ovvero le Murrine. Un minuscolo pezzo di vetro, pochi millimetri di una “can­na”, sulla cui sezione esper­tissimi artigiani riescono a disegnare un ritratto, un paesaggio, un fiore. Qualche somiglianza con il vetro mosaico, conosciuto più di duemila anni fa grazie all’ abilità dei vetrai di Alessandria d’Egitto e di Roma. E’ nel 1838 che Domenico Bus­solin, per pri­mo, ha riutiliz­zato ed affinato le tecniche dell’ arte vetraria ve­neziana, soprattut­to quella della “cannella a millefiori” che egli produs­se in diverse forme: da quella a stella a quella a sezione quadrangolare, da quella a cerchi concentrici alla trilobata. Perfezione tecnica ed estrema raffinatezza nell’accostamento dei colori. Dopo di lui fu Giovanni Battista Franchini a realizza­re splendidi lavori a mosaico millefiori, seguendo una tecnica diver­sa, quella della fusione al fuoco della lucerna per costruire un oggetto con canne di vetro sottilissime. Un’arte ereditaria quella del Franchini se consideriamo i capolavori di suo figlio Giacomo,il quale si cimenta in ritratti sulla superficie di una canna di vetro di sei millimetri di diametro: Vit­torio Emanuele Il, Giuseppe Garibaldi, Napoleone III, Francesco Giuseppe, Cavour. Ma anche superbi paesaggi come il Ponte di Rialto. Ma quando si parla di murri­ne si pensa anche ai fermacarte che, come abbiamo già visto, costituiscono un genere diventato di gran­de interesse per collezionisti e studiosi. A produrli, per primo, fu Pietro Bigaglia che utilizzò le murrine del Fran­chini e li presentò nel 1845 all’Esposizione di Vienna.

 

I VETRI OVERLAY

Un posto di tutto rispetto nel collezionismo di vetri occupano certamente i vetri “overlay”, ossia rico­perti. Sono vetri trasparenti, in genere verdi o rossi decorati da fini disegni in argento purissimo che, com­plice la chimica, avvolgono gli oggetti come ricami. La Tresure Island di Lu­gano, l’azienda di import-export di antiquariato e modernariato, li propone agli appassio­nati e ai collezionisti in cerca di curiosità raffinate. Nell’’oggettistica america­na oldfashioned i vetri “overlay “sono fra gli oggetti più ricercati. La Casa produttrice più famosa , la Gorham, legò il suo nome al creatore di argenti più celebre d’America: Tiffany. Il fondatore della “Tiffany & Co.”, Charles Lewis Tiffany, nel 1837 apriva un negozio a Broadway, e comin­ciò diventare famoso soprattutto perché vendeva oggetti curiosi e bellissimi. E quando una decina di anni dopo la Gorham, si distinse per la produzione dei vetri “overlay”, il successo commerciale di Tiffany fu clamoroso e via via si passò dalla decorazione delle boccettine di profumo, che comincia­vano ad essere di gran voga, a pezzi sempre più importanti. L’arte della decorazio­ne si era evoluta sul piano tecnologico e in particolare la lavorazione overlay richiedeva grande abilità sia artistica che chimica. Le rotondità del vetro venivano ricoperte da una base di cera e su queste veniva scavato il disegno. Quindi, nelle cavità si immetteva dell’acido ottenendo la prima incisione, che avrebbe consentito in un secondo tempo il grappaggio. Nella fase successiva si applicava il primo spessore di nitrato d’argento e poi, tramite l’elettrolisi, venivano applicati cinque, sei o sette strati di argento puro. I vetri più pregiati sono quelli rossi, quindi i verdi e infine i trasparenti. Ovviamente, la differenza di valutazione è inversamente proporzionale alla facilità di reperimento, ma anche la bellezza e la finezza del disegno, la perfezione delle curve, la nitidezza del tratto senza sbavature dell’argento e la continuità senza interruzioni sono altrettanto importanti.

La tecnica overlay fu usata anche dalla Loetz, che divenne famosa per i vetri fluorescenti. Vetri Loetz con argento “overlay” sono però rari e di costo rilevante. Prodotti principalmente tra il 1860 e il 1910, oggi i vetri “overlay” sono superbi pezzi da collezione.

Ott 8, 2022AdminEmo2019
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8 Ottobre 2022 Collezionismo, Eventi culturali e news
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