Di Teresa Carrubba
Palazzi ieratici e imponenti, ma allo stesso tempo leggiadri e delicati per via dei tipici colori pastello, verdino e celeste, che tradiscono lo stile barocco solo attraverso gli stucchi bianchi e i profili dorati. Un’atmosfera che perpetua l’epoca aurea degli zar, aristocratica, elegante e sobriamente ricca.
Fu nel 1703 che lo zar Pietro I il Grande, nell’intento di creare un avamposto che potesse contrastare l’avanzante potenza navale della Svezia, volle aprire quella “finestra sull’Europa ”, così come sarebbe stata definita molto più tardi ( nel 1833), nei versi del poeta russo Alexander Puskin. Pietro il Grande chiama per la sua nuova città ingegneri, architetti, carpentieri e maestranze dall’Olanda, dalla Germania e soprattutto dall’Italia. Il ticinese Domenico Trezzini fu chiamato a costruire in particolare la Fortezza e la Cattedrale di S. Pietro e Paolo, cuore della futura capitale, simbolo della Russia cristiana e ortodossa nella quale venivano sepolti gli zar e i membri della famiglia imperiale. Ma fu quando la zarina Elisabetta decise di scegliere come architetto di corte Bartolomeo Rastrelli, giunto giovanissimo a San Pietroburgo ( nel 1716 ) al seguito del padre, architetto e scultore fiorentino, che iniziò il vero e proprio rinnovamento edilizio ed architettonico della capitale imperiale.
Rastrelli sviluppò uno stile facilmente riconoscibile, che può essere considerato come un’espressione del tardo barocco europeo e che prenderà il nome di “barocco imperiale”. I suoi più importanti lavori, inclusi il Palazzo d’Inverno a San Pietroburgo e il Palazzo di Caterina a Tsarskoe Selo, sono celebri per la stravaganza del lusso e per l’opulenza delle decorazioni. Sulla parte destra della Neva lo zar decide di costruire una strada lunga più di quattro chilometri, la celebre Nevskij Prospekt, la Prospettiva della Neva; in seguito Pietroburgo crescerà in maniera vertiginosa. I nobili e i funzionari furono obbligati dallo zar a costruire a proprie spese una residenza nella nuova capitale, affidando i lavori ancora ad architetti e maestranze europee.
Dopo la morte di Pietro il Grande, la città torna al centro della vita politica e culturale con Caterina II, nominata alla successione nel 1762. La zarina imprime una forte accelerazione al processo di occidentalizzazione. Chiama l’architetto italiano Antonio Rinaldi, allievo del Vanvitelli, a dare vita ad un nuovo capolavoro, il palazzo di Marmo. Più tardi l’architetto bergamasco Giacomo Quarenghi sarebbe stato il grande interprete del neoclassicismo in Russia, continuato poi da Carlo Rossi, che ne avrebbe portato avanti la fase neoclassica della città fino alla costruzione della colonna di Alessandro nel 1830. Il grande architetto Carlo Rossi, celebre maestro dei complessi architettonici. E’ dovuta a lui l’impianto urbanistico di San Pietroburgo, il sistema di piazze e strade del centro cittadino, per molti chilometri lungo le rive della Neva, fino alla Prospettiva Nevskij. Sempre Rossi creò gli edifici amministrativi, come il Senato e i Ministeri con il celebre arco di trionfo, Indiscusso organizzatore della complessa edificazione della città, Rossi fu anche Maestro dell’arte decorativa applicata.
Giacomo Quarenghi fu scelto da Caterina II , come architetto della corte russa, per trasformare Pietroburgo in una moderna capitale neoclassica. Nel 1781 edificò il Palazzo Inglese a Peterhof dalle linee severe e minimali. A Pietroburgo invece realizzò, tra l’altro, l’Accademia delle Scienze, il Teatro dell’Ermitage e il Palazzo Vitingov. Oltre alle grandi strutture architettoniche sorte a San Pietroburgo ad opera di architetti italiani, è da considerare l’importante ruolo dei collezionisti d’arte italiana, per l’inserimento della Russia nell’ambito della grande cultura europea. Sappiamo così che un incaricato d’affari del regno di Pietro I tra il 1716 e il 1720, si recava spesso a Venezia, per fare acquisti di quadri italiani che gradualmente avrebbero determinato la nascita di quel meraviglioso scrigno dell’arte, il Grande Museo dell’Ermitage.